Premessa
La realizzazione di un piazzale, pur essendo spesso percepita come un intervento di modesta entità, rientra a pieno titolo nella categoria delle nuove costruzioni ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001. Interventi come l’asfaltatura o la stabilizzazione del terreno comportano infatti una trasformazione permanente del suolo, incidendo in particolare sulla sua permeabilità e determinando una modifica della destinazione originaria dell’area.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha confermato che il piazzale deve essere considerato una vera e propria costruzione, per la quale è richiesto il permesso di costruire, legittimando così l’emissione di ordini di demolizione nei casi di realizzazione abusiva.
Il piazzale interpretato come costruzione
Il piazzale, inteso come superficie stabilizzata per consentire la sosta di veicoli, lo stoccaggio di merci o l’esercizio di attività produttive, spesso è percepito come un’opera “minore” rispetto a edifici e manufatti veri e propri.
La realizzazione di un piazzale comporta inevitabilmente una trasformazione del suolo.
Per questo motivo non si tratta di un intervento neutro, ma di una vera e propria costruzione quando risulta destinato ad un uso durevole e non temporaneo.
Il quadro normativo di riferimento è offerto dall’art. 3 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) che fornisce la “Definizioni degli interventi edilizi” , in particolare, il comma 1, lett. e) ribadisce che sono interventi di nuova costruzione:
“(…) e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato”.
Pertanto la realizzazione di infrastrutture e impianti che comportino la trasformazione permanente di suolo inedificato sono interventi di nuova costruzione.
Bisogna porre attenzione poiché il concetto di “trasformazione permanente” è confuso con l’irreversibilità assoluta: anche un’opera rimovibile può costituire nuova costruzione se, per la sua conformazione e destinazione, è idonea a garantire un uso protratto nel tempo e incompatibile con l’originaria funzione agricola o naturale del terreno. Infatti l’asfaltatura di un’area agricola, ovvero il livellamento con inerti o la stabilizzazione del fondo per consentire il deposito di materiali, determinano un mutamento funzionale del suolo che non può essere ignorato.
Piazzale come nuova costruzione
Può sembrare anomalo e strano ma un semplice piazzale (anche se realizzato soltanto con inerti stabilizzati senza essere asfaltato o cementato) può essere classificato come una nuova costruzione con tutte le implicazioni che ne derivano.
Tale problematica è stata affrontata dal Consiglio di Stato che ha visto come fulcro principale la realizzazione di un piazzale adibito a deposito di materiali, parte in asfalto e parte in ghiaia e terra, che, secondo il Collegio, ha determinato una trasformazione urbanistica e funzionale dell’area tale da renderla incompatibile con la sua originaria destinazione (agricola e/o naturale).
Il Comune aveva contestato al proprietario e ad una società, utilizzatrice del fondo, la realizzazione di una serie di manufatti e depositi: prefabbricati, container, serre, recinzioni e stoccaggi di materiali edili.
Tutte queste opere insistevano su un’area classificata dal piano urbanistico come “a prevalente funzione agricola intensiva” e sottoposta a vincolo paesaggistico.
Inizialmente il TAR della Toscana aveva ritenuto legittima l’ordinanza comunale di ripristino, sottolineando come l’insieme degli interventi avesse mutato la destinazione del suolo, da agricolo a produttivo-artigianale.
Di contro il ricorrente si opponeva in quanto sosteneva che le opere contestate, in particolare il piazzale, fossero di carattere precario e quindi non idonee a determinare una vera trasformazione urbanistica a lungo termine.
Di conseguenza l’asfaltatura e il riempimento con gli inerti non avrebbero impedito un futuro utilizzo agricolo del terreno.
Il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha respinto tale tesi, ribadendo che “Quanto al piazzale occorre rilevare che esso ha determinato una oggettiva trasformazione del suolo, il quale, nello stato attuale, non può certo essere utilizzato per fini agricoli, richiedendosi a tal fine la rimozione dell’asfalto e degli inerti (…). In particolare, che la trasformazione di un suolo per crearvi un piazzale rientri nella nozione di costruzione si evince facilmente dall’art. 3, comma 1, lett. e.3), che qualifica come tali “la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato”, dovendosi intendere per “trasformazione in via permanente” non già la “trasformazione irreversibile” ma, semplicemente, quella trasformazione destinata a garantire per un lasso di tempo indeterminato un certo utilizzo.
Peraltro anche l’art. 3, comma 1, lett. e.2), qualificando come costruzione gli interventi di urbanizzazione primaria, tra i quali rientrano anche piazzali di sosta e aree asfaltate, conferma che rientrano nella nozione di costruzione anche gli interventi che non si estrinsecano nella realizzazione di edifici.”
Come precisato dai giudici, il piazzale non rappresenta un intervento accessorio o marginale, bensì una vera e propria “costruzione” ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001.
L’asfaltatura e la stabilizzazione con inerti hanno infatti comportato una modifica permanente del suolo, destinandolo non più a coltivazione ma ad attività di deposito e ricovero materiali.
Non temporaneità e trasformazione permanente
La non temporaneità dell’opera è data dalla presenza di materiale stabilizzato (anche solo inerte) che renderebbe il suolo non utilizzabile ad uso agricolo se non dopo una rimozione (costosa) di tali strati.
Inoltre, i Giudici di Palazzo Spada chiariscono la nozione di “trasformazione permanente” del terreno che non implica necessariamente irreversibilità, ma l’idoneità a garantire per un tempo indeterminato un determinato uso. In questo senso, il piazzale rappresenta l’elemento cardine dell’abuso, poiché funzionale all’allocazione dei prefabbricati, delle serre e dei materiali da costruzione.
Il Consiglio di Stato ha confermato in via definitiva quindi la piena legittimità dell’ordinanza comunale di demolizione e di messa in pristino dell’area.
fonte: ingenio





