Immobile abusivo non può ottenere l’abitabilità

Immobile abusivo non può ottenere l'abitabilità - Studio Mancuso - Firenze

La conformità urbanistica dell’opera è il requisito imprescindibile anche ai fini dell’agibilità di un immobile.

L’agibilità è la somma del possesso dei requisiti sia igienico-sanitari che urbanistico-edilizi di un edificio, essa non può essere conseguita nel caso in cui il titolo edilizio sottostante, seppure esistente, non possa considerarsi efficace.


Il rilascio del certificato di agibilità; oggi, la sua dichiarazione (SCIA – segnalazione certificata di agibilità), presuppone numerose valutazioni. Sono ulteriori rispetto a quelle che erano sottese al vecchio certificato di abitabilità, cui il primo pertanto non può essere del tutto assimilato.

L’avvento del TU Edilizia e la sola “agibilità”

Con l’entrata in vigore del dpr 380/2001, la “abitabilità” cede il passo (a seguito dell’abrogazione sia dell’art. 220 del TULPS che del DPR 425/1994) alla omnicomprensiva “agibilità”, riferita a qualsivoglia tipologia di edificio, non solo di natura abitativa.

L’art. 24 del Testo Unico dell’Edilizia, nella sua stesura originaria, vigente al momento dell’odierna controversia, stabiliva che: «Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente».

La presunta tassatività dell’elencazione non tiene tuttavia conto del fatto che il successivo art. 25, che declina il procedimento di rilascio, nell’elencare le declaratorie a corredo della richiesta, menziona espressamente la «conformità dell’opera rispetto al progetto approvato», ovvero, in buona sostanza, la sua regolarità edilizia e, conseguentemente, urbanistica.

La differenza tra agibilità e abitabilità

L’art. 26 del TUE – prosegue il Tar – nel consentire al Sindaco di intervenire comunque dichiarando la inabitabilità di un immobilegià certificato come agibile, ai sensi dell’art. 222 del TULPS, ci ribadisce le differenze tra i due istituti: una cosa è la conformità strutturale del fabbricato a tutti i requisiti richiesti e, in parte, assorbiti nella conformità al titolo edilizio in forza del quale è stato realizzato, un’altra cosa la sua (sopravvenuta) carenza di requisiti igienici tale da non consentirne l’occupazione a fini abitativi.

Il procedimento di acquisizione dell’agibilità si connotava per la sostanziale attribuzione al privato richiedente dell’onere di dimostrare la regolarità di quanto realizzato; si parla di prima che fosse una segnalazione certificata. Questo, salvo poter richiedere comunque al Comune di “certificarne” i contenuti.

Ecco perché, per non procrastinare indebitamente proprio la fruizione del bene, ovvero la sua commerciabilità, il comma 4 dell’art. 25, nella formulazione vigente, prevedeva che decorsi trenta giorni dalla ricezione della domanda, l’inerzia dell’Amministrazione abbia validità di assenso. Ovvero sessanta giorni in caso di presenza del richiesto parere della A.S.L..

L’immobile abusivo non può essere agibile

Per fare un esempio la violazione di una “convenzione” ad un Piano attuativo urbanistico impatta sulla regolarità dei lavori eseguiti, condizionando la validità del titolo.

Essendo l’agibilità la somma del possesso dei requisiti sia igienico-sanitari che urbanistico-edilizi di un edificio, essa non può essere conseguita nel caso in cui il titolo edilizio anche se esistente, non possa considerarsi efficace.

fonte: ingenio