Distanze minime è inderogabile

 

Distanze Legali – “La nozione di costruzione, agli effetti dell’art. 873 c.c., è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte della normativa locale di carattere regolamentare, in quanto il rinvio ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore. È da escludere che una disposizione del regolamento edilizio comunale possa far perdere la qualità di costruzione a un determinato manufatto”. La decisione: Sentenza n. 23843/2018 Cassazione Civile del 2/10/2018

Definizione di “costruzione” (art. 873 codice civile)

Art. 873 – Distanze nelle costruzioni

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

Ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall’art. 873 e ss. cod. civ. o dalle disposizioni regolamentari integrative per “costruzione” debba intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata.

La nozione di costruzione, agli effetti dell’art. 873 c.c., è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte della normativa locale di carattere regolamentare.

Il caso oggetto di decisione

Il caso oggetto di pronuncia riguardava una strada sopraelevata in violazione delle distanze dai confini e tra fabbricati, che addirittura invadeva la proprietà degli attori. La società citata in giudizio veniva condannata a rimuovere le opere a distanza inferiore a metri 5 dal confine, con rimozione del terrapieno artificiale, del muro di contenimento e della scarpata fino al piano di campagna preesistente. La società ricorreva in Cassazione con quattro motivi, che vengono rigettati.

Alcuni aspetti esaminati nella decisione

Con un motivo di ricorso, la società lamentava che la sentenza della Corte di Appello «non avrebbe tenuto conto dell’interpretazione fornita dal comune circa la nozione di costruzione diversa da quella di fabbricato».

Il Collegio ha ritenuto infondato il motivo di ricorso «alla luce di quanto in appresso circa l’unitarietà della nozione di costruzione ex art. 873 cod. civ. e il ricadere – secondo gli accertamenti in fatto contenuti nella sentenza di merito – del terrapieno in questione nell’ambito di detta nozione, con conseguente applicazione del regime delle distanze».

La società prospettava «la possibilità che – a fronte dell’unitaria nozione di costruzione affermata dall’art. 873 cod. civ. – il regolamento locale ne possa dare un’altra distinguendo tra costruzioni e “fabbricati”, soggetti questi a distanze che non varrebbero per le prime».

Ma il Collegio chiarisce che il tema è già stato affrontato dalla Corte di Cassazione.

I principali punti rilevanti nella decisione del caso concreto

Nel caso esaminato:

  1. secondo gli accertamenti svolti nei giudizi di merito, il terrapieno realizzato rientrava nell’ambito della nozione di costruzione, con conseguente applicazione del regime delle distanze;
  2. mentre il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi “costruzione” agli effetti della disciplina di cui all’art. 873 cod. civ., per la parte che adempie alla sua specifica funzione, devono ritenersi soggetti a tale norma, perché costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno e il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell’uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente;
  3. le norme del regolamento edilizio del comune in tema di distanze – a pena, altrimenti, di necessaria disapplicazione per contrasto con l’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 – laddove si riferiscono a superfici, coperte da lastrici solari o ad altre nozioni implicanti un’accezione ristretta di costruzione, vanno interpretate come tendenzialmente formulate in via esemplificativa e riferite a ogni tipo di analogo volume, in conformità all’art. 873 cod. civ..

Osservazioni

La pronuncia della Corte di Cassazione affronta il caso richiamando un principio, costantemente affermato, in base al quale «L’interpretazione della normativa locale di carattere regolamentare in materia di distanze soggiace, in virtù della posizione recessiva che il sistema gerarchico delle fonti del diritto le assegna rispetto alla legge, ai risultati dell’attività ermeneutica svolta sull’art. 873 c.c.; in particolare, la nozione di costruzione, agli effetti dell’art. 873 c.c., è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una “distanza maggiore”; in applicazione di questo principio questa corte ha negato che una disposizione del regolamento edilizio comunale possa far perdere la qualità di costruzione ad un determinato manufatto.»

Altri aspetti da tenere in considerazione

Il tecnico deve porre attenzione al fatto che il regolamento edilizio non può modificare il concetto di costruzione ai fini delle distanze: può solo prevedere una distanza maggiore, ma non può far perdere – o far assumere – la qualità di costruzione di un manufatto ai fini del rispetto delle distanze. (fonte ediltecnico)